Donnerstag, 27. Dezember 2007

Contro il mito del soggetto razionale assoluto

Il sistema economico capitalistico è il compimento del MITO: il prodotto concreto del trionfo del soggetto assoluto (contrapposto all'oggetto), elevato ad attore unico e onnipotente dal pensiero razionale occidentale. Adorno individuò in Cartesio e Hegel gli autori/creatori del MITO, ossia dell'operazione chirurgica che determinò l'irreparabile separazione di res cogitans e res extensa e l'elevazione del pensiero depurato a soggetto privilegiato nella realtà e autorizzato a strumentalizzare l'oggetto (la natura, l'altro rispetto al pensiero). Il MITO prevede che qualsiasi azione della soggettività, della materia pensante pura, sia azione razionale.
Ma razionalità è la capacitÀ di esercitare un qualsiasi intento comunicativo-relazionale assicurandosi della ricezione del proprio messaggio e tenendo conto dell'ambiente circostante (situazione, persone). Questo è quanto è sostenuto dalla rational choice theory, che pone il contesto d'azione come costante fondamentale in base alla quale si giudicherà la razionalità dell'azione (relativa, variabile). March: "da un punto di vista fenomenologico possiamo parlare di razionalità solo in connessione con un contesto". Non vi sono dunque situazioni oggettive né una distinzione generale e universale tra azioni razionali e irrazionali. La bontà e la sensatezza della nostra azione è decisa a partire dall'ALTRO.
L'errore originario consiste dunque nella divisione di res cogitans e res extensa, nel pensare di poter estromettere l'una dall'altra. Assistiamo all'assuefazione al controllo da parte di una res cogitans depurata artificialmente. Ma essa DEVE giungere ad un compromesso, instaurare un rapporto dialettico con la res extensa (l'ambiente, la natura, il corpo...l'alterità in generale: l'incontrollabile, l'imprevedibile) in cui questa non venga annientata inn quanto momento negativo e resa uno scarto residuale nell'aufhebung (conservazione, togliere assimilando, incorporando). L'aufhebung corrisponde ad un'eliminazione della separazione e ad un'identificazione senza residui con la soggettività. Certo il conflitto è costante e la differenza rimane costantemente aperta come una ferita insanabile ma bisogna abbandonare la pretesa di negare una coappartenenza e un controllo biunivoco (che normalmete viene reso unilaterale portando a fratture di varia natura:sociale o psicologica). La res extensa compenetra la res cogitans e viceversa. L'illusione cartesiana: la res cogitans È una potenza fluttuante che puo asservire il/i corpo/i e fargli o far loro violenza:ciò genera dolore e/o sofferenza.da entrambi le parti!dalla parte della res extensa poiché è materiale, carnale, corruttibile e soccombe e dalla parte della res cogitans perchè si rende dolorosamente conto del fatto di non essere onni-potente. Esse coesistono e sono indissolubilmente legate da un'eterna necessità di compromesso, tale per cui non esiste la separazione, se non tramite un'operazione chirurgica meticolosa tramite concetti (effettuata da cartesio!poi hegel ha allargato la ferita!e il sangue sgorga irreparabilmente!). Adorno ha parlato di una separazione praticata con il bisturi da parte di Hegel, ha però lasciato intatta la dialettica hegeliana, limitandosi a capovolgere il primato (dell'oggetto anziché del soggetto) e non fornendo affatto un contributo necessario a decisivo alla rimarginarsi della ferita.
La res cogitans È anche res extensa e la res extensa è anche res cogitans. Per questo non ha senso la separazione. È un prodotto arrogante dell'uomo. E la sua interiorizzazione rende malati. L'anoressia, ad esempio è la materializzazione, l'esemplificazione perfetta dell'incarnarsi nel singolo corpo dell'aberrazione di pensiero, è l'interiorizzazione e la pratica della lacerazione. L'anoressica È pura res cogitans che trae nutrimento e soddisfazione dalla mortificazione e sottomissione della res extensa più inerme e malleabile: quella in cui risiede. Il mondo esterno, l'alterità irriducibile del mondo (che si potrebbe definire: A POSTERIORI per antonomasia, dunque assolutamente irriducibile)umilia la res cogitans dell'anoressica, poiché quest'ultima non ha alcun potere sul mondo. Ma il suo corpo non può che obbedire perchÈ è un tutt'uno con la res cogitans, anche se viene trattato come altro, un altro controllabile, domabile. La res extensa viene a poco a poco distrutta, annientata e con essa va alla deriva anche la res cogitans.pur di buttare la res extensa giù dal burrone e rivendicare così la signoria della res cogitans, questa si butta con la propria vittima. Il sacrificio totale è inevitabile, dato che, come già detto, la separazione non esiste. E il paradosso consiste proprio nel fatto che il prezzo da pagare, la morte totale e non certo parziale, È un prezzo che l'anoressica è pronta a pagare. Diventa addirittura lo scopo, poiché ogni soluzione, anche quella finale, è preferibile all'oggetto della fobia: la perdita del controllo da parte della res cogitans a favore della res extensa. L'essere in balia del mondo, della sostanza non pensante e tuttavia dalla potenzialità devastante e imprevedibile, è la cosa peggiore che possa capitare, poiché coincide con la minaccia principale dell'io(sia singolare, individuale che collettivo o sociale!), identificatosi senza residui con la res cogitans. Alla base di molte malattie della modernità vi sono dunque evidentemente errori o creazioni concettuali e filosofiche errate, sebbene vitali per la sopravvivenza e il progresso del sistema economico. Interessante è anche notare che l'anoressia nasce dalla convinzione di doversi adeguare ad un imperativo formale, che prescrive appunto una ben determinata forma (universale, una costante artificiale) alla res extensa. L'imperativo assolutamente illuminista (in quanto nasce da un pensiero puro, una soggettività che pretende di ridurre ogni variazione ed alteritÀ a se stesso) si incarna nella persona malata e lavora attraverso di essa mortificando l'unicità inalienabile (non senza dolore, una lacerazione, appunto) di un individualità. Ciò che non viene rispettato (poichè dimenticato) è l'UNICITÀ DI UN ORGANISMO, DI UN SISTEMA OLISTICO AUTONOMO E INSPACCABILE.
Tutti i corpi sono nemici del pensiero poiché in quanto APOSTERIORI per antonomasia (POSSIBILITÀ, VARIABILITÀ) rappresentano la minaccia della sua sua APRIORITÀ (INTEGRITÀ, REGOLA)incontaminata, ciò che costituisce la sua essenza, che richiede una costante attività di autoconservazione. L'obiettivo vitale è dunque l'appiattimento, l'annullamento delle differenze (la verità) e la loro riconduzione ad un'IDENTITÀ:
La biopolitica è indagine della violenza del pensiero sui corpi: Foucault scrisse “l'ermeneutica del soggetto”, in sostanza la storia di una pratica della CIRCOLARITÀ(non distinzione) mente-corpo in un'epoca antecedente all'irreversibile invenzione di una presunta onnipotenza da parte del pensiero.
Il controllo sui pensieri delle persone da parte delle istituzioni corrisponde a una libera e arbitraria disposizione dei corpi, poiché il singolo pensiero manipolato agirà sul proprio corpo. È il bios, la vita stessa ad essere minacciata. La bioetica deve vigilare sulle pratiche che riducono i corpi a oggetto provocando retroazioni devastanti sull'intero individuo. È in gioco prima di tutto l'equilibrio psicologico dell'individuo. Anche la Media Education Foundation si batte per l'estromissione del mito dalla sfera pubblica, che ha per conseguenza la manipolazione e la strumentalizzazione di massa.
http://www.mediaed.org/
http://www.youtube.com/watch?v=-qFENyemgk8
http://www.youtube.com/watch?v=C7143sc_HbU

Dienstag, 13. November 2007

il sofisma di padre Muraro n. 2

Famiglia Cristiana n. 45/2007, pagina 13: questa volta Giordano Muraro si scaglia contro Piergiorgio Odifreddi, ateo di ferro, per il suo maldestro tentativo di dimostrare l'infondatezza dell'origine divina delle stimmate di Padre Pio in occasione di una discussione a Porta a porta.
Muraro si sarebbe aspettato "qualcosa di più serio" dal professore di logica matematica, che sarebbe invede caduto nel sofisma dell'ignoratio elenchi, non essendo riuscito a dare una spiegazione scientifica soddisfacente delle stimmate e finendo per arrampicarsi sugli specchi in modo scandaloso. Fin qui non sono in disaccordo con Muraro, gli argomenti da lui apportati a sostegno della sua accusa di fallacia filano (seppur con una riserva: chi come la sottoscritta non ha visto la puntata in questione deve fidarsi della ricostruzione di Muraro) e per quanto mi riguarda potrei mettere il dito nella piaga e affermare che Odifreddi si conferma poco serio. Infatti il suo libro "Perchè non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)", in cui svela incongruenze logiche e infondatezze storiche contenute nell'antico e nel nuovo testamento per giustificare l'affermazione-invito espressa nel titolo, infanga il tentativo dei veri "illuminati" di tenere distinte questioni fideistiche e questioni scientifiche. Odifreddi si dimostra uno pseudo-intellettuale che vende le sue tesi pseudo-scientifiche a degli sprovveduti aspiranti (pseudo)intellettuali i quali dopo aver letto il suo libro predicheranno in giro per il mondo che non si può credere in dio perchè è impossibile che un uomo (Gesù) abbia compiuto miracoli ecc. ecc. Penso che ciò comprometta l'attività, sicuramente "più seria" oltre che legittima, delle persone che lottano contro la chiesa cattolica romana tenendo ben distinti l'istituzione (come apparato politico propagandistico che impone indebitamente dei precetti come universalmente validi) e ciò che è scritto nella bibbia (come fondamento di una dimensione spirituale personale e dunque fatto privato). In ogni caso, l'ignoranza di Odifreddi intorno a stimmate e miracoli, che porta il professore ad accostare padre Pio a Vanna Marchi, fa evidentemente perdere il lume della ragione a Giordano Muraro. Solitamente padrone impeccabile di strumenti retorici e argomentazione corretta, egli afferma in conclusione che la performance odifreddiana "dimostra che per gli atei la non esistenza di Dio è un dogma al quale sacrificano la logica e la stessa ragione". Dunque, secondo Muraro, se Odifreddi è un ateo e per lui la non esistenza di dio è un dogma, allora necessariamente tutti gli atei hanno lo stesso dogma. Si tratta naturalmente di un'induzione indebita, e basta un solo esempio contrario per demolirne la validità: io, ad esempio, sono atea, ma non ho il dogma della non esistenza di dio. Infatti, così come non mi piace il dogma dell'esistenza di dio, poichè non si può dimostrarla scientificamente (e se ci credo non posso imporla agli altri), così mi guardo bene dall'affermare che dio non esiste, poichè altrettanto indimostrabile. Se Muraro avesse contato fino a tre prima di trarre conclusioni impulsivamente, non avrebbe trascurato di concludere con una distinzione tra atei "odifreddiani" e atei "più seri"

Montag, 12. November 2007

tutto o nulla

A Berlino mi sono imbattuta in un cartellone pubblicitario il cui messaggio condensa efficacemente il sistema di valori che critico nei posts "reset record" e "strategie di autoconservazione del capitalismo". La scritta recita: "nessuno si allena per diventare SECONDO".
I quesiti che mi pongo sono questi: è lo sport ad essere al servizio del nostro benessere o siamo forse noi, il nostro equilibrio psico-fisico, ad essere sacrificato in nome dello sport (come eufemismo per "fabbrica di record")? E ancora: siamo dunque una società di PRIMI? Certo che no. Chi può dunque diventare PRIMO? E perchè mai dovremmo tutti abbandonare l'idea di essere noi stessi per inseguire il sogno di essere PRIMI?
Emerge un'opposizione di tipo primo/non-primo, dove “non-primo” risulta connotato negativamente, mentre solo “primo” è associato a un'idea di autorealizzazione, successo, ovvero a un VALORE positivo.
Rimando in ogni caso ai posts sopra menzionati (in cui ho cercato di dare delle risposte) per maggior chiarezza su ciò che intendo.

reset record


Poveri sportivi professionisti. Non possono più esprimere la loro passione incondizionata per lo sport. Perchè non interessa a nessuno. Loro devono intrattenere, offrire un’occasione di amusement, entertainement; devono stupire con le loro prestazioni. Le loro performances non possono apparire più umane o più ordinarie di quelle di Neo nel film „The Matrix“ o di altri supereroi dei film di science fiction. Il pubblico è viziato. È stato addestrato. La gente vuole essere colpita, rimanere a bocca aperta, ha bisogno di essere animata da shock adrenalinici. La gente paga per questo. Alla gente non piace rimanere delusa dai propri eroi, dai propri miti. Bisogna offrire alla gente l’appagamento meritato, costi quel che costi. Droga? Doping? Nessun problema. La via, lo sport, la vita sono stati sacrificati; solo il fine, il risultato è importante, molto importante.
E fu così che lo sportivo diventò un superuomo (chimico) e lo sport (nel suo senso originario) superfluo. Record superumani, prodotti artificialmente, sono tutto ciò che è rimasto, a parte esseri umani dopati, alienati, dalla salute compromessa. Ma tutti quei soldi, il pubblico soddisfatto sono, dopotutto, la cosa fondamentale…Naturalmente bisogna essere molto cauti: non è affatto bello scoprire che non è vero che Superman sa volare, bensì che ci porta con sé nei suoi trip da LSD.
Lo sport come la pratica di un’attività fisica aveva anticamente un alto valore intrinseco. Esso era al servizio dell'uomo e del raggiungimento del suo benessere psico-fisico.
Tale funzione fondamentale è stata dimenticata e il concetto di "sport" è diventato un alibi. I superuomini vivono per scopi sempre nuovi, per risultati sempre ulteriori a se stessi e la via per raggiungerli viene spianata artificialmente, svuotata di significato. Ma la vita umana È questa via dimenticata. Essa consiste in un tempo determinato tra due estremità, la nascita e la morte. L’individuo deve isolarsi dalla logica della fama e della gloria, dell’arrivismo, del guadagno e della concorrenza. Il singolo uomo è solo di fronte alle sue possibilità esistenziali, prima fra tutte la possibilità della sua morte: nel prendere coscienza dell’insuperabilità di questo evento sarà in grado di ri-conoscersi, di riconquistare il suo tempo tra gli imperativi anonimi e senza tempo della massa, egli non sarà più “tutti gli altri”. L’uomo ogni tanto ha bisogno di essere ricordato della propria finitezza costitutiva, e di non essere un eroe immortale che emerge dalla natura e ne spezza i vincoli.
Le persone devono essere educate ad apprezzare il vero sport e a distinguerlo dallo special effects entertainement, dai prodotti eccitanti e surreali della fabbrica hollywoodiana. Bisogna avere il coraggio di additare i record attuali come disumani e di rifiutarli di conseguenza. Una tabula rasa al loro posto è forse l’unica possibilità di porre un freno ad un circolo vizioso malato e fuori controllo.

Strategie di autoconservazione del capitalismo: i valori e il calcolo della probabilità

Più sono le persone che credono al potenziale della propria individualità, più probabilità ha il sistema che almeno 1 o 2 di queste contribuiscano in maniera altamente efficace alla propria perpetuazione e alla conferma della propria legittimità. Le individualità vengono comunque strumentalizzate, anche quelle che “degenerano” e si accaniscono contro il proprio artefice (il sistema naturalmente) vengono deglutite, attaccate da potenti enzimi, rese inermi, diventando talvolta utile nutrimento. Democrazia e capitalismo sono i migliori alleati. Uguaglianza, diritti del singolo, individualismo, libertà sono il nostro pane. E noi siamo il loro. Tutti dobbiamo credere in noi stessi, tutti dobbiamo essere convinti di poter sfondare, non importa in che campo o quale sia il nostro obiettivo. Tutti dobbiamo credere di avere qualcosa di particolare, di speciale, e alimentare la convinzione di essere migliori di altri. Tutti dobbiamo sentire la concorrenza, il confronto con altri. Nello spazio pubblico si può ostentare insicurezza (modestia a fine sociale). L’importante è il nostro agire. Tutti dobbiamo partecipare. È vitale per il sistema. È la condizione di possibilità per l’esistenza dell’èlite, lo 0,01% della popolazione (super imprenditori, inventori di nuovi business ecc.) che conferma, perfeziona e rinforza il sistema, migliorandone l'adattabilità e garantendone dunque la perpetuazione. Il restante 99,9% è costituito da intellettuali che hanno venduto le loro competenze al sistema (per esempio psicologi che lavorano nel settore della ricerca di mercato), da sostenitori standard (passivi, consumatori) o da chi lotta inutilmente contro il sistema. Questi hanno accettato a priori la possibilità del fallimento della loro lotta. Le modalità del piano B (rassegnazione, adattamento, fuga) fanno parte da sempre del programma educativo, assieme all’ambizione e al dogma dell’individualismo.

Montag, 6. August 2007

Teoria della manipolazione


A good advertisement is one which sells the product without drawing attention to itself.
David Ogilvy

Mittwoch, 1. August 2007

Egalité fraternité Liberté. De fumer. Ovvero: viva la democrazia



Nel 2003 la commissione europea ha imposto il divieto assoluto di pubblicizzare tabacco e sigarette a livello comunitario. La direttiva, che riguarda esclusivamente internet e stampa, ha permesso al governo tedesco di prendere due piccioni con una fava: obbedire in modo esemplare all'Europa continuando a strizzare l'occhiolino alle Lobby in questione...pubblicizzando in grande. Berlino infatti brulica di cartelloni pubblicitari di Lucky Strike, Marlboro, John Morris ecc. ecc. che con i loro colori, sobri o sgargianti, e i loro slogan, eleganti o divertenti, rappresentano un intrattenimento quotidiano e onnipresente per i cittadini di ogni età e tipo. L'attuale campagna di Gauloises per le Blondes edition limitée mi sembra degna di segnalazione. I colori dei pacchetti in edizione speciale e del cartello sono essenzialmente tre, quelli della bandiera francese. Assolutamente legittimo data la nazionalità della marca. Tuttavia lo slogan "Liberté toujours" (libertà sempre), che fa eco alla decorazione (un cavallo alato stilizzato) allude palesemente al motto e grido di emancipazione popolare della rivoluzione francese "Liberté Fraternité Egalité!". Il messaggio è forte e chiaro: fumare è una libertà, un diritto, una conquista della democrazia. L'individuo è libero in un sistema libero e può respirare la propria emancipazione ed il proprio orgoglio quotidianamente, ripetutamente, semplicemente accendendosi una Gauloise Blonde (Edition Limitée). La democrazia viene svuotata di significato e ridotta a liberté de fumer. E potrebbe trattarsi di fatto della promessa solenne da parte dello stato corteggiato dalle Lobby di tutelare e garantire il diritto del fumatore difendendolo dai dilaganti divieti e dalle sempre più pressanti esigenze dei non fumatori. Tutto sommato si potrebbe aggiungere una voce in fondo alla carta fondamentale dei diritti dell'uomo.

Montag, 30. Juli 2007

Il sofisma di padre Muraro

In un articolo all'interno del settimanale cattolico "Famiglia cristiana" risalente a più di un anno fa (purtroppo all'epoca ho ritagliato l'articolo dimenticando di annotare anno e numero: pardon!) e intitolato "Nessuna rottura, si parla solo di casi particolari", il teologo Muraro commenta una discussa intervista al cardinale Martini a causa della quale egli sarebbe stato malinterpretato da alcuni giornalisti che gli hanno immediatamente attribuito un'apertura anti-ecclesiastica in materia di profilattici, procreazione assistita ecc.. Ironico è il fatto che il teologo, per difendere e riabilitare il cardinale Martini agli occhi intransigenti e conservatori del lettore di FC, accusa i giornalisti di essere caduti nel sofisma della generalizzazione del particolare, salvo poi cadere nel corso della sua argomentazione nella non meno insidiosa fallacia della falsa analogia. Cito interamente l'argomento, per correttezza: "Il cardinale Martini non apre alla contraccezione, ma ribadisce il principio-dovere di difendersi da chi è portatore di aids; non apre alla procreazione assistita, ma ricorda che si rimedia all'errore di aver procreato e congelato degli embrioni con l'adozione anche da parte di persone singoleecc. Più che la scelta del minor male è la scelta del maggior bene in quella situazione. Per salvarmi posso aggrapparmi anche a lame taglienti, ma resta il principio che non è bene creare situazioni in cui per sopravvivere bisogna ferirsi".
Padre Giordano Muraro paragona dunque il rapporto sessuale con una persona sieropositiva ad una situazione in cui, presumibilmente, qualcuno si trovi in un pericolo di morte, o comunque abbastanza serio da essere costretti ad aggrapparsi a lame taglienti. E queste corrisponderebbero per l'appunto, secondo la sua analogia, ad un preservativo. È chiaro che l'analogia viene estesa in modo indebito a proprietà non condivise tra il preservativo e le lame taglienti! Un chiaro caso di strumento retorico usato in modo improprio, forzato, esagerato. Tale strumentalizzazione è riconducibile al rifiuto categorico, ma scientificamente inargomentabile da parte della Chiesa di legittimare pubblicamente ed incondizionatamente l'utilizzo del preservativo. Si tratta di una cecità gravissima da parte di un'istituzione che gode (ahimè) di tale ascolto e impatto mediatico a livello internazionale nei confronti di dati di fatto empirici sia biologici che sociologici: emancipazione e precocità sessuale, desiderio sessuale senza volontà di procreazione, diffusione endemica del virus HIV, inefficacia dell'invito alla castità!